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Contro i mulini a vento

Questo articolo fa parte del numero di Marzo de "La Città Visibile"  foglio Informativo del Collettivo che puoi leggere e scaricare qui

Incasellate in categorie di PornHub, muse ispiratrici,  promotrici che vendono qualsiasi prodotto  avvicinandolo alle labbra, ore di lavoro non retribuite, bambole gonfiabili, gattine la cui attenzione viene richiamata con versi animaleschi.

Le donne sono sempre altro, mai esseri umani.

Questa oggettificazione, questa disumanizzazione è frutto di un sistema millenario sul quale la nostra società si fonda: il Patriarcato.

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Il numero di Marzo 2020

Foglio Informativo del Collettivo Politico – Culturale “Città Visibile”

Anno Tre Numero Zero
MAI PIÙ COMMISSARIATI
Mese di Pubblicazione: Marzo 2020

COMUNICATO
Questa Domenica era prevista la distribuzione del numero di Marzo del nostro giornalino.
La modalità doveva essere quella di sempre, fuori le chiese e i bar e nelle strade a contatto con i cittadini per parlare dei problemi della nostra Orta di Atella e avere l’occasione per raccontare l’idea di Città che abbiamo in mente.
Questo numero è stato pensato quando gli eventi circa il Coronavirus non erano precipitati e ancora doveva assumere i contorni che ha poi assunto negli ultimi dieci giorni.
Nonostante la realizzazione e la produzione di questo giornale ci costi (in molti sensi) abbiamo deciso di annullare la distribuzione “mano a mano” non solo per essere quanto più ossequiosi alle misure emanate per contrastare la diffusione del virus ma soprattutto come forma di rispetto nei confronti dei nostri concittadini che nel clima attuale possono sentirsi a disagio nel vederselo consegnare. Tuttavia riteniamo che non sia giusto fermare il dibattito politico attorno al futuro del nostro paese e quindi anche se non ci sarà la distribuzione cartacea il giornale sarà disponibile on-line da domenica per essere letto e scaricato in PDF. Rimandiamo di qualche settimana, tanto le nostre idee non scadono. Presto ci riprenderemo le strade, gli abbracci e la voglia di stare insieme per ora #resistiamo restando umani.

Il Collettivo

L’inerzia creativa dell’Amministrazione Villano

C’è un limite oltre il quale non è più ragionevole trovare come alibi politico attendibile il fatto di aver ereditato decenni di cattiva gestione della cosa pubblica e di un criminale saccheggio del territorio. Ed è quello che porta a constatare che ad appoggiare senza indugi questa amministrazione, con incarichi più o meno diretti o più o meno esplicitati, ce ne sono diversi che di quella stagione hanno avuto un ruolo da protagonisti e che di quella stagione hanno ereditato almeno l’attitudine a non saper guardare oltre i propri interessi corporativi.

Ci sono comportamenti che non possono essere tollerati perché si è deciso che a prevalere debba essere l’improvvisazione del “giorno per giorno” piuttosto che una visione politica ben delineata nei suoi valori portanti. Come se la gestione politica di un territorio non fosse una cosa da trattare con tutta la serietà e le competenze del caso, senza “gioggionerie” ammantate di retorica “paesana”. Questa maggioranza sta innalzando a modello politico la tendenza a vestire di straordinario azioni appena ordinarie, a magnificare ogni presenza (pseudo) istituzionale con selfie celebrativi, a delegare ad un luogo amorfo come i social la più concreta relazione del territorio, a fare della casa comunale un luogo frequentato assiduamente da persone di cui mai è stato specificato precisamente il ruolo. O ad agire pilatescamente rispetto ad importanti scelte d’indirizzo riguardanti l’assetto urbanistico del nostro paese (vedi PUC).

Ci sono silenzi diventati assordanti tanto sono reiterati e improntati ad un’incivile indifferenza. Come quelli relativi alla cronaca politico-giudiziaria documentata dal giornale web Campania Notizie, che quasi quotidianamente gettano delle ombre su diversi esponenti che appoggiano l’amministrazione Villano e che sempre rimangono senza delle argomentate smentite ufficiali. Il punto non è prendere acriticamente una posizione di comodo a seconda del grado di partigianeria che indirizza il punto di vista che s’intende adottare. Ma semplicemente chiedersi se i resoconti cronachistici fatti da Campania Notizie sono falsi o sono veri, se sono delle illazioni inventate di sana pianta o se riportano cose veritiere fatte solo oggetto del “tipico” sensazionalismo giornalistico. Detto in estrema sintesi: l’ipotesi che l’attuale maggioranza sia legata alle passate esperienze politiche dalle stesse metodiche amministrative e da logiche politico-affaristiche mai esauritesi, è totalmente falsa o contiene un fondamento di verità?

Se è vera, si dovrebbero denunciare pubblicamente le supposte millanterie. Se è falsa, sarebbe necessaria un’azione di igiene politica veloce e radicale. In ogni caso, bisogna pretendere delle risposte chiare ed esaurienti, perché il fare silenzio equivale a mettere un timbro alla comprovata inadeguatezza politica.

Pressapochismo gestionale, inconcludenza politica, affarismo arruffone, esaltazione dell’ordinario, populismo ostentato, dilettantismo temerario, consociativismo funzionale. Con la serietà d’analisi che si richiede alle persone intelligenti, all’amministrazione Villano nessuno ha chiesto di risolvere in pochi mesi anni di scellerata gestione della cosa pubblica. Ma neanche che facesse emergere queste caratteristiche in così poco tempo, animando la sua gestione politica di una sorta di inerzia creativa buona solo a far sprofondare ancora più in basso le sorti amministrative di Orta di Atella.

 

Le mani sulla città

La grande espansione urbanistica che ha interessato Orta di Atella, ciò che molti hanno avuto il coraggio di definire il volano per l’economia del nostro territorio, ha rappresentato in realtà una struttura tentacolare che ha preso alla gola un intera cittadina e l’ha strozzata. I danni di quelle scelte scellerate non si sono esaurite con la distruzione del territorio, ma hanno scavato un solco anche nell’animo sociale e culturale della nostra città.
Ancora oggi, quelle scelte ricattano e tolgono il sonno a migliaia di famiglie che non sanno il destino delle loro abitazioni, comprate col sacrificio di mutui e prestiti e diventate, nel giro di ventiquattr’ore, case abusive. I tentacoli di quella piovra sono lunghi e fanno danni anche nel presente.
Ancora oggi, i politici di professione sfruttano queste situazioni di difficoltà per promettere mari e monti a famiglie sconvolte e stremate da decenni di licenze ritirate, decreti di abbattimento, ricorsi e controricorsi; in questi drammi si annidano gli sciacalli, i mestieranti del “Me lo vedo io”. Ecco, abbiamo visto come ve la siete vista voi.
Ora, il dubbio non è più sul passato remoto, ma sul presente pronto a diventare futuro: questi tentacoli hanno manovrato, come marionette, le mani che hanno redatto il PUC? Il dubbio è legittimo, visto che a fronte di 401.634 mq di Standard Urbanistici mancanti come scuole, palestre, parcheggi e chiese, il PUC prevede altro cemento, ovvero altri 761 appartamenti da realizzare.
In questa fase quanto mai delicata per Orta di Atella, noi ci sentiamo in dovere di lanciare un appello a tutte le forze politiche del nostro territorio:
– Vogliamo fermare questi sciacalli che speculano sulle disgrazie cercando di raccattare qualche voto, promettendo soluzioni che in realtà non esistono?
– Vogliamo riscrivere un Piano Urbanistico fatto di alto impatto sociale, culturale e orientato al recupero delle aree degradate di Orta di Atella?
Ci siete a dare un segnale di discontinuità? Ma soprattutto, volete essere discontinui?
Noi ci siamo!
Vi aspettiamo sulla riva, del solito fiume, come sempre.

Al centro di un vero rilancio

Un altro anno scolastico si è concluso, mentre i problemi, le criticità della scuola pubblica restano ancora insoluti, anzi le notizie che arrivano circa l’approvazione dei decreti attuativi della legge 107 non sono per niente rassicuranti.
La Legge 107, la cosiddetta Buona Scuola del governo Renzi ha sancito ormai la distruzione della scuola pubblica, una scuola che dovrebbe svolgere il servizio verso una utenza particolare: gli alunni, i bambini e i ragazzi, invece, con sostanziali tagli (ormai cronici) di risorse mascherati da promesse e contenuti roboanti sono risultati falsi e inesistenti. Non che negli anni precedenti il Governo Renzi non ci fossero stati danni, specie ai tempi di Berlusconi, con la principale artefice di questa rovina che fu la Gelmini.
Mentre la scuola pubblica agonizza per mancanza di risorse e di valide proposte costruite sul fabbisogno pedagogico – culturale dell’utenza, i governi continuano a finanziare le scuole private, introducendo, invece, un nuovo elemento di divisione del corpo docente basti pensare alla questione del merito, usato nelle imprese industriali come metro di quantità di produzione finale, ma che, se applicato alla scuola diviene un nuovo taglio. Con un contratto fermo a nove anni fa, mostrare il merito come un incentivo alla misurazione del lavoro dell’insegnamento, ha significato condizionare l’opinione pubblica sulla necessità di non remunerare tutti i docenti. Il merito, quindi, come uno strumento per tagliare risorse. Un’altra pratica poco chiara che si è estesa ai Licei, è quella dell’Alternanza scuola-Lavoro, già attuata nei tecnici e professionali da molti anni. Allargando la platea ai diciottenni che frequentano i licei di ogni indirizzo si capisce facilmente quanto possa essere interessante che per quasi due mesi moltissime aziende e imprese possano usufruire gratis di prestazioni lavorative e non, tralasciando poi altri possibili scenari, come quello delle promesse di un posto di lavoro che possa distogliere questi alunni dallo studio e di non completare il corso intrapreso, specialmente per i più deboli (l’alternanza scuola – lavoro si effettua dalla terza alla quinta classe).
La stato delle scuole del nostro paese non si discostano molto da questo scenario, anzi per certi aspetti la situazione è ancora più allarmante, poiché la speculazione edilizia degli ultimi anni e la crescita smisurata della popolazione scolastica, hanno trovato impreparato il nostro comune a far fronte alla crescente richiesta di strutture, nuovi edifici, maggior numero di aule che potessero permettere di offrire un adeguato servizio per i cittadini e le famiglie che si sono trasferite nel nostro territorio.
La famosa Cittadella Scolastica, argomento sempreverde di tutte le capagne elettorale, oramai è diventata la “barzelletta” della politica Ortese, più di qualche politico dovrebbe dare doverose risposte su questo punto.
Tuttavia una domanda ovvia a cui potrebbe seguire una risposta ovvia la possiamo porre: perché il Comune di Orta di Atella, che aveva un plesso scolastico nella Piazza principale del paese, di sua proprietà, lo affitta (a proposito abbiamo mai percepito un pigione dal min istero dell’Interno?) a un altro Ente e si costringe ad andare lui stesso in cerca presso privati di una struttura decente dove ospitare i propri alunni? Perché non riportiamo la scuola in Piazza la ristrutturiamo con i pigioni da recuperare dal Ministero dell’Interno e diamo anche una nuova linfa a Piazza Pertini…ops…Piazza Belmonte?

Ritorno alle radici

Le radici del nostro popolo sono fondate nell’agricoltura.
Sin dalla fondazione di Atella, ante 218 a.c., il nostro territorio è sempre stato ambito per i terreni rigogliosi, tipici della cosiddetta Campania Felix.
Gli agricoltori di quel periodo sapevano sfruttare al meglio i terreni, seguendo le fasi lunari e altre tecniche naturali. Ma con il tempo il progresso delle industrie chimiche ha portato sul mercato pesticidi, concimi e fitofarmaci con i quali è possibile aumentare la produzione piuttosto che stimolare ed anticpare la crescita della coltivazione. Senza far capire fino in fondo ai coltivatori, e in primis ai consumatori gli effetti collaterali che vengono provocati dall’assunzione continua di questi prodotti chimici.
Avete mai mangiato un bella pesca grande, ma che di gusto lasciasse un po’ a desiderare?
In caso di risposta positiva, avete mangiato un frutto a cui è stata stimolata la crescita e/o la produzione dell’albero. Mentre una coltivazione sostenibile lascia che la natura faccia il suo decorso, infatti un frutto biologico, in alcuni casi potrebbe risultare meno avvenente ma con un sapore decisamente migliore.
L’agricoltura sostenibile, segue tecniche di produzione che, come l’antica Atella, evitano lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, del suolo, dell’acqua e dell’aria, con un unico scopo: produrre cibo buono.
L’agricoltura fornisce circa il 75% degli alimenti che mangiamo, ruolo fondamentale per la nostra sopravvivenza, ma solo se fatta con tecniche sostenibili può evitare danni all’ambiente e agli essere viventi. Mentre l’agricoltura intensiva può portare solamente ad enormi consumi idrici e all’inquinamento delle falde acquifere per il troppo uso di pesticidi, concimi e fitofarmaci.
Ed è per questo che bisognerebbe arrivare al concetto di integrare il benessere dell’uomo a quello della Terra. E per concepire questo pensiero, bisognerà fare attività di educazione del territorio, bisognerà adottare tecnologie nuove, bisognerà creare occupazione per combattere la povertà, bisognerà proteggere le risorse naturali e l’ambiente.

La società del rischio e l’incertezza del presente

Ogni individuo nella propria vita agisce con l’obiettivo di costruire il proprio futuro e, non di rado, si riscontrano casi di incertezze e preoccupazioni profonde, a cui non sempre si riesce a dare una spiegazione. Da ciò derivano diverse domande: cosa provoca l’angoscia esistenziale dell’uomo contemporaneo? Davvero la responsabilità di tanto malessere è da attribuirsi esclusivamente al singolo?
Uno spunto di riflessione ci è offerto da un’interessante teoria del Sociologo Tedesco Ulrich Beck, nella quale la società contemporanea è indicata come “Società del Rischio”. Parliamo cioè di un’epoca, la nostra, in cui la vita è categoricamente vincolata all’attività. L’esistenza dell’uomo deve essere dinamica, attiva, anche quando questi deve prendere una decisione: le istituzioni, afferma infatti Beck, impongono al singolo non solo l’obbligo di operare una scelta, ma anche di assumersi le responsabilità delle relative conseguenze. Se pensiamo inoltre che ciò che le istituzioni e le organizzazioni non padroneggiano incombe sugli individui, comprendiamo perché Si delinea una società contemporanea individualizzata, in cui l’Io predomina sul Noi. In un simile scenario di autodeterminazione imposta, le possibilità di errare sono molto elevate e l’eventuale fallimento sarà avvertito come una sconfitta personale. Da ciò derivano le ansie e i timori, che pervadono ogni individuo. Spieghiamo dunque queste concezioni astratte con esempi pratici: chi non ha mai udito o anche pensato “Lo Stato non mi da certezze né sul mio futuro né sul mio presente”, “Mi impegno tanto ma non riesco ad ottenere nessun tipo di stabilità, che sia economica,lavorativa o personale”. Sono queste le ripercussioni di una società egocentrica: si è soli nelle responsabilità, si è soli nelle preoccupazioni, si è soli nel dolore. Una condizione di abbandono che progressivamente diventa impotenza e poi passiva rassegnazione ad ogni sopruso, ad ogni violazione della dignità e dei diritti dell’uomo e allora, alla luce di tante riflessioni, il monito di Giorgio Gaber ” Libertà è partecipazione” non ci sembra più così utopistico: anche nella frenesia e nell’incertezza dei tempi moderni non bisogna mai smettere di pretendere ciò che spetta di diritto, mai soccombere alla rassegnazione e al pessimismo perché solo con la presenza e l’intervento attivo di un Noi , che lotta per un obiettivo comune, sarà ottenuta la libertà.