Nacque morta, l’amministrazione Villano. Appesa al filaccio delle vergogne passate, creatura mostruosa generata dal tempo di mezzo, quello in cui il vecchio tarda a morire ed il nuovo fatica a nascere.
Sapevamo sarebbe finita così, nella polvere, nell’ignominia. Sciolti come neve al sole, ma senza candore e senza luce. Mestamente. La notte stessa in cui sguaiatamente festeggiavano la conquista del fortino e fantasticavano sugli assessorati, deleghe e nomine da spartirsi, s’immaginava lo sfacelo che sarebbe venuto.
Nessun oracolo, nessun potere divinatorio. Solo l’analisi concreta della fase concreta. L’evidenza dell’inadeguatezza di un manipolo di mestieranti della politica alle prese con l’amministrazione di una città amministrata e devastata, per decenni, da un manipolo di mestieranti della politica, in larga parte collusi e conniventi. Qualcuno poi, facente parte di questo manipolo era presente pure nell’altro, di manipolo. I professionisti del manipolo. Sia chiaro, una inadeguatezza essenzialmente politica, è quella che più c’interessa. Poi ci sarebbe l’inadeguatezza morale, ma lasciamo perdere.
Nacque politicamente morta l’amministrazione Villano, difatti non v’è stata traccia di politica in questo anno e mezzo. Una lunga serie di trattative, tatticismi, soggetti e tipi strani. La continuità con le pratiche del tempo passato prossimo anziché la discontinuità garantita a parole per il tempo futuro.
Venne dunque la commissione d’accesso e si barricò in mezzo agli atti. Disse al sindaco: “non ti preoccupare, Sindaco, non voglio farti del male, sei già bravo da solo, anzi sono venuta per legittimarti”. “Hai visto!!!”, disse il vecchio dentro rassicurando il sindaco terreo in volto. Gli avvolse il braccio intorno alla spalla e gli disse: “vedi, dobbiamo continuare sulla nostra strada, anche se non sappiamo qual è”.
Poi però la commissione non li legittimò ma li sciolse e la sguaiataggine della vittoria lasciò il posto alla sguaiataggine della rabbia, della caduta fragorosa.
Non gli abbiamo dato tregua ed avevamo ragione. Non ci consola esserne consapevoli. Ma nemmeno ci piace l’ipocrisia e la retorica dell’ennesimo giorno buio per Orta di Atella, del “non è stata sconfitta la maggioranza, ma ha perso Orta”. No, non funziona così. Nella notte eterna di Orta di Atella, non vi è stata luce durante questa amministrazione, ed Orta non ha perso semplicemente perché non è mai stato in gioco il suo riscatto, la sua emancipazione. Hanno perso loro, questi buoni a nulla per tutte le stagioni che adesso dovremo accompagnare, senza perdere la tenerezza, nel cassonetto della storia.
E poi c’è il futuro. Quello che dobbiamo ancora scrivere. Ci assumiamo la responsabilità di provare a farlo. Come Vincenzo Tosti e Marilena Belardo in consiglio comunale, come tutti noi per le strade, parlando, scrivendo, pensando, sognando.
Non è eterna la notte ad Orta di Atella. Passerà la nottata.
O la faremo passare.