In queste settimane abbiamo provato ad instaurare un dialogo con il Partito Democratico ed il Partito Socialista.
Ritenevamo che fosse doveroso confrontarci con due forze che, pur essendo molto lontane dal nostro modo di porci e dal nostro modo di intendere la politica, avevano messo in campo la disponibilità a ragionare su modalità radicalmente diverse rispette a quelle praticate fino ad oggi tanto per quanto riguarda gli aspetti programmatici quanto, soprattutto, sulla valutazione delle persone che avrebbero dovuto incarnare il “nuovo corso”, Abbiamo avuto dunque modo di parlare di progettualità e di raccontarci il modello di sviluppo che immaginavamo per Orta di Atella.
C’è stata una convergenza su una piattaforma programmatica e questa era una condizione che consideriamo necessaria ma, dato il particolare momento sociale e politico, non sufficiente.
Abbiamo richiesto che la coalizione si caratterizzasse da un lato politicamente, come chiesto d’altronde anche dai nostri interlocutori, ma che allo stesso tempo fosse rappresentata da figure facilmente e immediatamente collocabili, nell’immaginario collettivo, agli antipodi delle passate esperienze amministrative.
Credevamo e crediamo che sia necessario un momento di forte e decisa discontinuità rispetto alle politiche attuate ad Orta di Atella negli ultimi 20 anni.
Allo stesso modo, riteniamo che tale discontinuità la si debba praticare sia sul piano del programma politico, nel metodo e nel merito, ma soprattutto nelle figure, nei volti che dovranno presentarsi agli elettori ed incarnare l’insopprimibile anelito di cambiamento che Orta esprime nelle sue varie forme.
Ed il nostro non è un discorso di ordine morale o etico ma meramente politico.
Abbiamo dato indicazione e offerto la disponibilità di profili e competenze specifiche e riconoscibili precisando a più riprese che sarebbe stato rivoluzionario per la politica ortese, vitale per la coalizione e imprescindibile per noi che si riuscisse a costruire un progetto non attorno al peso elettorale delle persone ma attorno alla loro storia politica e sociale. Su questo punto siamo stati intransigenti: noi non siamo disponibili a cercare portatori di pacchetti di voti e costruire su questa sommatoria una alleanza. Non è questo il modo attraverso cui intendiamo creare il consenso.
Abbiamo ribadito che il cambiamento passa anche attraverso una inversione di senso. Una volta costruita una coalizione, caratterizzata a sinistra, con un profilo programmatico chiaro e radicale e con una proposta in termini di rappresentanza nettamente in discontinuità con il passato, da essa, e solo da essa, si sarebbe partiti per parlare alle persone, convincerle, cercare di farle appassionare nuovamente alla politica.
Purtroppo tale impostazione, tale ragionamento politico non è stato condiviso dai nostri interlocutori e questo inevitabilmente ha compromesso il dialogo, che anche a fatica, si era cercato di porre in essere.
Sappiamo bene che il tragitto verso le prossime elezioni amministrative sarà lunga e piena di insidie,, ma vorremmo che fosse chiaro da subito quale tipo di azioni abbiamo in mente per Orta di Atella e che anche i più nobili progetti, per noi, hanno senso se trovano spalle e gambe abituate alla lotta disposte a portarli avanti.
Se predichiamo la discontinuità nessuno si dovrebbe scandalizzare se quella discontinuità la vogliamo applicare a 360°, se pretendiamo una leadership che in nessun modo possa essere affiancata o addirittura sovrapposta alle passate e disastrose esperienze amministrative.
La chiusura di questo discorso non implica per noi la chiusura di tutti i discorsi.
Riteniamo che il tessuto politico e sociale ortese offra ancora tante potenzialità, ci siano molte persone che condividano la nostra stessa lettura della situazione politica attuale, l’accelerazione e la chiarezza che abbiamo preteso dagli incontri con il PD e il PSI nascono esclusivamente da una nostra predilezione alla praticità. Da questo punto di vista abbiamo imparato la lezione di Gramsci al punto da sapere che “a battere la testa contro il muro è la testa a rompersi e non il muro”.