“Agricoltura – Terra dei fuochi” dalle nostri parti da tempo sembra un binomio che non può reggere, come se l’uno fosse necessariamente contrapposto all’altro. Terra dei fuochi, vista come la causa esclusiva del male che ha colpito la nostra agricoltura, la nostra economia.
Niente di più falso.
Oggi possiamo con tanta determinazione e consapevolezza affermare con convinzione che è un binomio che può rappresentare nell’insieme una nuova forma di resistenza a tutto quello che non vogliamo che sia e diventi la nostra terra, il nostro territorio, la nostra vita. Terra dei fuochi è l’emblema di una economia di un sistema neoliberista che manifesta il suo volto più spietato, criminale ed assassino.
Un’economia dove le logiche di sviluppo imposte si muovono con l’idea che l’unica aspirazione umana per migliorare la propria condizione è la corsa infinita alla ricerca delle ricchezze materiali, una produzione senza fine di beni, al consumo estremo delle risorse naturali come se fossero infinite, alla creazione di nuovi bisogni a mezzi di bisogni. Nello stesso tempo si distrugge la nostra vera e secolare economia fondata sulle relazioni umane dove valori inestimabili come l’organizzazione della cooperazione, degli scambi, delle mutue informazioni, della solidarietà si dissolvono nel buiopiù pesto della perenne lotta dell’uno contro l’altro e l’infelicità, l’insoddisfazione dilaga. Con queste dinamiche sono state costruite negli anni le nostre economie locali, un territorio fondamentalmente a vocazione agricola che ha subito trasformazioni radicali della stessa, rendendola schiava del circuito della grande distribuzione.
La nostra agricoltura contadina asservita a logiche lontane dalle nostre tradizioni di cultura e colture, dove sovrane erano le nostre eccellenze da avere un’identità precisa “Campania Felix”.
Il saccheggio in nome di un tanto discusso progresso passa per la distruzione sistemica delle nostre identità lasciando spazio a metodi di agricoltura massiva. Alla devastazione subita per il continuo smaltimento illecito di rifiuti industriali si è aggiunto quello dovuto all’invasione e colonizzazione delle nostre campagne da parte dei giganti della distribuzione che, per esigenze di un mercato teso al consumo estremo, hanno scempiato le nostre terre, violentandole con miliardi di tonnellate di pesticidi, fitofarmaci, erbicidi.
La trasformazione della nostra agricoltura contadina in agricoltura industriale. La distruzione di un’identità che necessariamente ha portato al disfacimento anche dei rapporti sociali ed umani.
La campagna nelle nostre terre innanzitutto rappresentava comunità, rapporti sociali, prima ancora di economia, oggi nel silenzio si vive il dramma della solitudine che nell’era di un mancato e falso progresso distrugge l’uomo e la vita. Il ritorno a quella che era la nostra terra, agricoltura di un tempo è una condizione imprescindibile per rilanciare la nostra economia, la nostra vita. Oggi è il tempo di una nuova Resistenza.